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XXVII.

Carico d’anni, e di peccati pieno,
E nel mal uso radicato e forte,
Vicin mi veggio all’ una e all’ altra morte,
E in parte il cuor nutrisco di veleno.

Nè proprie ho forze, ch’ai bisogno sieno
Per cangiar vita, amor, costume e scorte,
Senza le tue divine e chiare sorte,
Nel mio fallace corso, e guida e freno.

Ma non basta, Signor, che tu ne invogli
Di riternar colà l’ anima mia,
Dove per te di nulla fu creata.

Primachè del mortal la privi e spogli,
Col pentimento ammezzami la via,
E fia più certa a te tornor beata.