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XXXVI.
Giunto è già ’l corso della vita mia
Con tempestoso mar per fragil barca
Al comun porto, ov’a render si varca
Giusta ragion d’ogni opra trista e pia;
Onde l’ affettuosa fantasia,
Che l’arte si fece idolo e monarca,
Conosco ben quant’era d’error carca;
Ch’errore è ciò che l’uom quaggiú desia.
I pensier miei, già de’mie’danni lieti,
Che fìan or, s’a due morti mi avvicino?
L’una m’è certa e l’ altra mi minaccia;
Nè pinger nè scolpir fia più che queti
L’anima volta a quell’amor divino,
Ch’aperse a prender noi in croce le braccia.