[70]XXXV.
Non è più bassa o vil cosa terrena
Di quèl che senza te, misero, io sono;
Onde nel lungo error chiede perdono
La debile mia ’nferma e stanca lena.
Porgimi, alto Signor, quella catena
Che seco annoda ogni celeste dono,
La fede, dico, a cui mi volgo e sprono,
Fuggendo il senso ch’a perir mi mena.
Tanto mi fia maggior, quanto è più raro
Dei doni il dono; e maggior fia se senza,
Pace e contento il mondo in sè non have.
Per questa il fonte sol del pianto amaro
Mi può nascer nel cor di penitenza,
Nè ’l ciel si schiude a noi con altra chiave.